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Claude Cahun | Sotto la maschera un’altra maschera

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Lucy Renée Mathilde Schowb, meglio nota con lo pseudonimo di Claude Cahun, nasce a Nantes il 25 ottobre 1894, da una famiglia di colti intellettuali di tradizione ebraica. I suoi primi anni di vita sono segnati da un rapporto molto complicato con la madre, gravemente depressa, con la quale non riesce ad instaurare un dialogo sereno. I problemi della donna inducono i familiari a rinchiuderla in un istituto psichiatrico nel 1898, dove muore poco dopo. Questo rapporto difficile, praticamente inesistente, con la madre segna in maniera indelebile la vita di Lucy, portandola a soffrire di anoressia e rendendole faticoso il processo di riconoscimento della propria immagine.

Da bambina, le sue origine ebraiche la rendono facile bersaglio di antisemitismo, così il padre decide di mandarla a studiare in Inghilterra, nel Surrey. Nel 1909, la Cahun torna a Nantes quando il padre è in procinto di risposarsi con una donna che ha già una figlia avuta dal precedente matrimonio: Suzanne Malherbe. Tra le due giovani si instaura fin da subito una forte intesa e da quel primo incontro non si separeranno più.

 

 

La Cahun ha sempre dichiarato di non sentire la necessità di identificarsi in un genere definito e di non riconoscersi nel suo corpo; più volte ha sottolineato di percepirlo come un mero strumento di transizione per scoprire le molteplici identità celate dentro di lei. Da questa confusione di genere, nel 1917 prende vita lo pseudonimo che tutti conosciamo, con il quale si presenta nell’ambiente artistico surrealista. Il nome Claude in francese è un nome neutro, perfetto per il suo desiderio di non voler essere classificata in un genere definito. Cahun invece è il cognome del fratello della nonna paterna e vuole essere un omaggio e un fiero rimando alla sua origine ebraica.

Come la sua compagna, anche Suzanne Malherbe sceglie uno pseudonimo volutamente ambiguo, Marcel Moore. La Cahun esordisce come scrittrice e fin da subito emergono in lei un profondo bisogno di travestimento e la volontà di ricerca costante di un’identità, o meglio, di varie identità; la sua prima opera Vues et vision, è firmata Claude Cahun, ma prima dell’acquisizione dello pseudonimo meglio noto, Lucy ha utilizzato altri alter ego, rivendicando la sua presenza a volte con la lettera “M.” affiancata dal disegno di un uccello dal becco arcuato (con riferimento al suo caratteristico naso aquilino) e altre volte utilizzando il nome dell’amante di Oscar Wilde, Alfred Douglas.

 

 

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A partire dal 1922, Claude e Marcel si trasferiscono a Parigi, nel quartiere di Montparnasse. La loro dimora diventa fin da subito un punto di incontro e di scambio di idee tra intellettuali e artisti e Claude si avvicina all’ambiente post-dada (ormai quasi surrealista) parigino, iniziando a frequentare assiduamente i primi circoli lesbici che si vanno formando. Gli anni Venti sono gli anni in cui le donne iniziano ad emanciparsi e la nomea di “angeli del focolare” comincia ad andar loro sempre più stretta. Frequentano i circoli di intellettuali insieme ai colleghi uomini rivendicando, dapprima timidamente, poi in maniera sempre più decisa, anche una certa libertà sessuale. Claude è ancora una studentessa quando, nel 1919, conosce André Breton e inizia a partecipare attivamente alla rivista “Littérature”, diventando un’artista molto apprezzata nell’ambiente (forse un po’ maschilista) surrealista. Dopo Vues et Vision, la Cahun scriverà altri testi letterari tra cui Aveux non avenus (1930): una raccolta autobiografica estremamente visionaria di dialoghi, aforismi e scritti di varia natura, illustrato da alcuni fotomontaggi realizzati con Marcel.

Ma la produzione più interessante della Cahun, non tanto dal punto di vista formale quanto sopratutto dal punto di vista umano, è quella fotografica. Tutte le tappe della vita di Claude sono state immortalate dalle istantanee di una macchina fotografica: ogni istante, ogni momento intimo vissuto insieme alla compagna è stato fermato nel tempo, arrivando a comporre un nucleo di immagini davvero ingente che, per volontà dell’artista, appartiene a Marcel. Ciò che non è stato distrutto dai soldati della Gestapo, che fanno irruzione nella casa dove le due donne si erano rifugiate a La Rocquaise perché colpevoli di aver tappezzato Jersey con manifesti sovversivi contro il regime nazista, è oggi conservato al Jersey Heritage Trust. La macchina fotografica si rivela la miglior alleata di Claude per indagare e scoprire le sue infinite identità: davanti a questo occhio meccanico freddo e impassibile, Claude diventa suo padre, un’odalisca, un pagliaccio, si copre il viso con maschere, utilizza delle palle di vetro che modellano il riflesso del suo viso come un fish eye e molto altro ancora. Esplora il suo corpo, lo violenta con azioni drastiche (ad esempio rasandosi il cranio a zero) per cercare di indagare, di comprendere chi è veramente, o meglio, quante e quali sono le identità che può essere, senza vergogna e senza preconcetti.

 

 

“Sotto la maschera un’altra maschera. Non finirò mai di sollevare questi volti” è una delle sue dichiarazioni che meglio rappresenta questa pioniera, body artist e genderqueer molto prima del tempo. Claude muore a Jersey nel 1954, dopo essere sopravvissuta agli abomini della guerra. Nel 1972 la raggiungerà anche Marcel, che si toglie la vita con dei barbiturici. La figura di Claude è rimasta per molti anni nell’oblio prima di ottenere il riconoscimento che meritava allora, oggi.


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1 commento su “Claude Cahun | Sotto la maschera un’altra maschera”

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