[Lupo Alberto] Già dalle sue premesse, la striscia umoristica nata dalla penna di Guido Silvestri – in arte Silver – e pubblicata per la prima volta sul Corriere dei Ragazzi nel 1973, si presenta come sovversiva, nel senso più stretto del termine. Alberto – un lupo – cerca di introdursi in un pollaio per rapire la sua amata Marta – una gallina – rischiando di incorrere in violente bastonature ad opera di Mosè – un grosso cane San Bernardo – tutore dell’ordine all’interno della fattoria del McKenzie.
Un ribaltamento della consuetudine narrativa, derivata dalla “legge di natura”, la quale vorrebbe che inevitabilmente il lupo tentasse di mangiare la gallina, diventa un elogio dell’amore “contro natura” e contro le convenzioni, che ha un padre nobile nella striscia americana di inizio Novecento ‘Krazy Kat’ del fumettista George Herriman, nella quale vediamo invece un gatto innamorato di un topo, il quale lo ricambia a suon di mattonate sulla nuca.
Tra i vari personaggi che popolano le strisce di Lupo Alberto ce n’è uno, oltre ovviamente al protagonista, che ha monopolizzato le attenzioni dei lettori e si è ritagliato un enorme spazio: Enrico La Talpa.
Un “disturbatore”, un po’ cialtrone, cieco, per l’appunto, come una talpa, che è solito importunare Alberto uscendo dalla sua tana nel sottosuolo al grido di “Ehilà, Beppe!”. Nel corso degli anni abbiamo visto Enrico impegnato in innumerevoli iniziative, più o meno strampalate, ed impersonare diversi alter-ego o millantare imprese avventurose di vario genere. Gli interventi di Enrico La Talpa e le sue numerose crociate sono state spesso il pretesto per inserire all’interno delle strip richiami all’attualità, come nella famosa striscia in cui Enrico La Talpa e Lupo Alberto, tentando di disegnare il simbolo de “I Bravi Ragazzi”, un’associazione fondata dallo stesso Enrico, realizzano un logo che richiama in tutto e per tutto quello delle Brigate Rosse, la cui sola vista suscita nello stesso Alberto un istintivo terrore.
Ma c’è una serie di strisce che viene particolarmente ricordata dai lettori, quelle che vanno dalla numero 766 alla 908 (risalenti al 1977), nelle quali Enrico La Talpa spiazza tutti dichiarandosi omosessuale, inizia a girare per la fattoria imbracciando un cartello con sopra scritto “Checca è bello!” e, accompagnato da un a tratti imbarazzato Lupo Alberto, intraprende una campagna a favore dei diritti gay. Questa iniziativa susciterà all’interno dell’ambiente conformista e puritano della fattoria – che diventa così la perfetta rappresentazione dell’Italia del tempo – sdegno e indignazione, accompagnati da un’ondata di pettegolezzi e dalle rimostranze capitanate dal cane Mosè, rappresentante dell’ordine costituito e della morale.
«Ero entrato in contatto con il FuOri (Fronte Unitario Omosessuale) di Angelo Pezzana», ricorda Silver, «e mi invitarono a realizzare delle strip sulla tematica gay. La sfida che feci con Enrico fu quella di rappresentare un omosessuale assolutamente privo delle caratteristiche macchiettistiche che si attribuiscono ai gay. E proprio per questo Alberto è spiazzato, perché si stupisce del fatto che Enrico non abbia quei tic, quei modi di fare che appartengono al cliché de Il vizietto».
È così che il personaggio di Enrico La Talpa, seppure nel modo surreale e comico proprio del fumetto di Silver, diventa di fatto un attivista in favore dei diritti omosessuali, ottenendo con la sua iniziativa anche dei discreti risultati, i quali vanno oltre la semplice provocazione; Enrico riesce infatti ad organizzare una parata, coinvolgendo anche un gruppo di formiche comuniste disoccupate, che altro non è che un corteo del Gay Pride. La vicinanza del personaggio ai movimenti che animavano il Pride in quegli anni è il motivo del grande successo di questa serie di strisce, un legame che si manifesta nei modi e negli obiettivi delle sue proteste: provocare, scandalizzare, creare interesse, far uscire la comunità gay dalla segregazione, affermarne i diritti ed infine normalizzarne la presenza all’interno della società.
C’è però un aspetto controverso riguardo la figura di Enrico La Talpa che, soprattutto rispetto all’attuale sensibilità collettiva in materia di diritti LGBTQ+, ci spinge a chiederci se il personaggio possa effettivamente essere considerato un attivista: Enrico La Talpa probabilmente non è mai stato veramente omosessuale, anzi sappiamo di lui che è sposato e che la sua vita è quella convenzionale di un piccolo borghese, forse un po’ annoiato e forse per questo portato verso una certa mitomania e una tendenza a millantare esperienze di vita mai vissute.
Dalle reazioni imbarazzate di Cesira, la moglie di Enrico, che tenta spesso di smentire l’effettiva omosessualità del marito, possiamo intuire come probabilmente il dichiararsi gay sia un’altra delle sue millanterie. Un comportamento simile al giorno d’oggi sarebbe difficilmente ben visto, lo si considererebbe a ragione una forma di appropriazione di un’identità altrui, in questo caso riguardante la sfera sessuale, ciononostante bisogna sottolineare come l’intento di Enrico sia totalmente sincero e come le sue azioni in concreto siano esattamente quelle di un vero e proprio attivista.
Il più importante merito della campagna portata avanti da Enrico La Talpa è quello di aver combattuto contro l’omofobia nel senso più stretto del termine, quello appunto di “paura dell’omosessualità”, con un metodo che potremmo definire una “terapia d’urto” per gli abitanti della fattoria, così ignoranti a riguardo da temere addirittura di venirne contagiati. In questo contesto la vittoria più grande di Enrico si ritrova nella striscia n°795, nella quale si vedono gli abitanti della fattoria che gli si accostano incuriositi e dopo averlo guardato da vicino si allontanano ridacchiando imbarazzati; il suo commento ironico è: “… dal pettegolezzo al “Dai, dai, andiamo a vedere da vicino com’è fatto un finocchio”.
Ma voi cosa ne pensate, Enrico La Talpa è o no un attivista? Lasciate la vostra opinione nei commenti.
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