Se c’è un artista che ha da sempre dedicato la sua ricerca alla relazione tra arte, ambiente, fenomeni naturali, sensoriali e percettivi questo è, senza dubbio, Olafur Eliasson.
Artista danese, conosciuto in tutto il mondo per le sue opere immersive, nasce il 5 febbraio 1967 a Copenhagen e frequenta tra il 1989 e il 1995 la Royal Danish Academy of Fine Arts.
Attualmente attivo tra Copenhagen e Berlino l’artista si contraddistingue nel panorama artistico internazionale per una ricerca che da oltre vent’anni si concentra sull’uomo e l’ambiente.
Per le sue opere utilizza spesso medium differenti, spaziando dalla fotografia alle installazioni, dai progetti pubblici ai video e alla pittura. Ambiente urbano ed elementi naturali, fenomeni atmosferici e visivi, tangibile ed effimero sono componenti fondamentali della sua intera produzione artistica. Uomo e natura si trovano sempre in costante relazione e dialogo.
In occasione degli incontri sul clima che si stanno svolgendo proprio in questi giorni, due sue opere in particolare possono essere considerate emblematiche – e sicuramente di grande impatto – per la sensibilizzazione alla salvaguardia dell’ambiente.
La Cop26 e il surriscaldamento globale
A novembre 2021 si terrà, infatti, la Cop26 sui cambiamenti climatici: un evento importantissimo, che vedrà impegnati i potenti del mondo nel decidere quali azioni intraprendere per contrastare il riscaldamento globale. La Pre-Cop26 sarà ospitata in Italia e proprio in questi giorni Milano ha accolto attivisti provenienti da tutto il mondo, guidati da Greta Thunberg e Vanessa Nakate.
Il tema da affrontare è molto delicato perché ci riguarda tutti – nessuno escluso – da molto vicino. Si stima infatti che, se non verranno presi adeguati provvedimenti rispetto alle emissioni di CO2, la temperatura globale potrebbe arrivare ad un innalzamento di tre gradi centigradi già nel 2100.
Un cambiamento drastico e drammatico, che porterebbe all’estinzione di numerosissime specie e metterebbe a repentaglio la nostra stessa esistenza sul pianeta.
I ragazzi di Will Italia hanno realizzato un interessante approfondimento indicando le cause, i possibili effetti e tutto ciò che potrebbe essere utile sapere sul riscaldamento climatico e sulla Cop26.
Potete trovare la puntata completa qui: il format è di grande qualità e richiede pochi minuti per una visione completa.
Ma torniamo ad Olafur Eliasson e alla sua opera di sensibilizzazione sul tema del surriscaldamento globale, facendo un salto al 2019.
The glacier melt series 1999/2019
Tra il 2019 e l’inizio del 2020 la Tate Modern di Londra ha ospitato la mostra Olafur Eliasson. In Real Life, una retrospettiva comprendente, tra le numerose opere esposte, anche una serie sullo scioglimento dei ghiacciai, fenomeno strettamente connesso al surriscaldamento globale.
La serie in questione, denominata The glacier melt series 1999/2019, mette a confronto 30 ghiacciai fotografati dall’artista per la prima volta nel 1999 e, per la seconda volta, nel 2019.
A questo progetto è stato dedicato anche un sito interattivo, in cui è possibile vedere il prima e il dopo di ciascuno dei ghiacciai fotografati in Islanda: i cambiamenti sono evidentissimi e incutono timore rispetto a quanto potrebbe (ancora) accadere in futuro.
Lo stesso Eliasson ha affermato:
“I hope that we have now reached a turning point. We have a responsibility towards future generations to protect our remaining glaciers and to halt the progress of global heating. Every glacier lost reflects our inaction. Every glacier saved will be a testament to the action taken in the face of the climate emergency. One day, instead of mourning the loss of more glaciers, we must be able to celebrate their survival”
Tic toc: il tempo sta per scadere
Un’altra opera estremamente significativa di Olafur Eliasson è Ice Watch, una enorme installazione in grado di suscitare profonde riflessioni sull’urgenza di intervenire per cambiare rotta rispetto alle emissioni di CO2 e un invito, da parte dell’artista, ad entrare in stretto contatto con un elemento di cui solitamente sentiamo solo parlare.
Dodici giganteschi blocchi di ghiaccio provenienti dalla Groenlandia sono stati posizionati in cerchio, quasi come fossero le ore segnate sul quadrante di un orologio, lasciati a sciogliersi inesorabilmente sotto gli occhi del pubblico inerme.
Con il passare dei giorni l’opera è letteralmente svanita. Realizzata in collaborazione con Minik Rosing – geologo esperto nella conformazione geologica della Groenlandia – il grande ed effimero orologio è stato pensato appositamente per sensibilizzare il pubblico sul tema del surriscaldamento globale, aumentando la consapevolezza del cambiamento climatico grazie all’esperienza diretta dello scioglimento dei ghiacci artici.
Questa installazione immersiva è stata presentata in tre importanti luoghi diversi: la prima volta nel 2014, presso la City Hall Square di Copenaghen; la seconda volta a Parigi, nel 2015, presso Place du Panthéon; la terza a Londra, tra il 2018 e il 2019, fuori dalla sede europea di Bloomberg e di fronte alla Tate Modern.
In occasione della tappa londinese è stato realizzato un sito internet interamente dedicato al progetto Ice Watch, entro il quale è possibile scoprire le dinamiche di estrazione dei blocchi di giaccio, vedere le fotografie del pubblico che si relaziona a questi giganteschi “iceberg urbani”, approfondire la conoscenza delle motivazioni che stanno alla base del riscaldamento e avere accesso a numerose risorse utili sul tema del cambiamento climatico in atto.
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