Salve amici di ZirArtmag, sono Enrico Ledda. Oggi parleremo del rapporto tra architettura e natura, del modo in cui si relazionano, attraverso l’analisi di un progetto emblematico di questa contrapposizione: Casa Kalman, dell’architetto svizzero-italiano Luigi Snozzi (1932-2020).
Dacché il destino dell’uomo fu quello di vivere coi sudori della fronte, ogni regione civile si distingue dalle selvagge in questo, ch’ella è un immenso deposito di fatiche […] Quella terra adunque, per nove decimi, non è opera della natura; è opera delle nostre mani; è una patria artificiale | *1 Carlo Cattaneo
Questo brano, spesso citato dallo stesso Luigi Snozzi insieme al più provocatorio aforisma “La natura è una merda!” *2 dell’architetto portoghese Paulo Mendes da Rocha, sottolinea l’importanza di un approccio critico rispetto a ciò che viene erroneamente considerato naturale, “opera della natura”, e che è invece di fatto opera dell’uomo. Una prerogativa dell’essere umano è infatti agire sulla natura modificandola e adattandola ai suoi bisogni o, come nel caso dell’architettura, producendo oggetti culturali.
Il rapporto con la natura non può che essere dialettico. Essa, cosciente del suo stato di neutralità, ci affida un compito straordinario, quello di modificarla, non solo, ma modificarla nel modo ottimale, cioè contrastandola, sempre. E solo così che essa può assumere il suo vero ruolo e diventare paesaggio, ciò che alla fine è sempre una creazione umana.” *3 | Luigi Snozzi
La rivendicazione della necessità di opporsi alla natura al fine di “modificarla nel modo ottimale”, mettendo da parte la timidezza progettuale che spesso porta a nascondere o camuffare l’architettura, si esprime appieno nel progetto di Casa Kalman, così come nel resto dell’opera di Snozzi.
Malgrado le sue dimensioni estremamente ridotte e ponendosi in contrasto con le forme naturali della collina riesce ad evidenziare la qualità di questo sito. La pergola al termine della terrazza da dove si gode una vista eccezionale, permette all’uomo, con i suoi primi piani, di rapportarsi con le grandi distanze e dimensioni delle montagne, riportate così a dimensioni domestiche *4 | Luigi Snozzi
L’approccio al sito, le colline che dalla frazione di Brione sopra Minusio (Svizzera) si affacciano sul Lago Maggiore, è la chiave per la comprensione dell’intervento progettuale. L’edificio poggia sul fianco della montagna assecondandone il profilo orografico, con il muro di contenimento che segue le curve di livello, “la condizione geologica esistente che informa l’organizzazione della casa – e collega l’architettura alla più larga fisica entità del lago” *5.
Allo stesso tempo la casa mostra sul fronte del lago un aspetto monolitico, geometrico e razionale, denunciandosi come oggetto estraneo al contesto, anche in virtù del contrasto tra il cemento a vista e il verde della collina. Un ordine compositivo rotto esclusivamente da aperture vetrate lineari (verticali e orizzontali) in facciata e che esplode sul fronte sud dell’edificio caratterizzato da uno sbalzo del secondo piano sorretto da pilastri, il quale si intreccia con la forma introflessa del volume al primo piano e nasconde alla strada l’ampia parete vetrata. Internamente la disposizione degli ambienti definisce una promenade architecturale (passeggiata architettonica) che spinge il visitatore ad esplorare gli spazi passando da un piano all’altro con un movimento a spirale.
Esternamente l’aggiunta della passerella collega visivamente e idealmente l’edificio al contesto, spostando “l’attenzione dell’osservatore dall’oggetto architettonico verso la concreta esperienza della topografia del sito” *6; come un braccio teso in direzione del lago, inquadrando e dunque inscrivendo il paesaggio attraverso la pergola, riducendolo ad una “dimensione domestica” (umana).
La convivenza all’interno del progetto di Casa Kalman di un approccio che tende all’integrazione dell’edificio con il contesto e di una radicale contrapposizione dell’oggetto architettonico rispetto alla componente ambientale rappresenta alla perfezione la posizione di Snozzi riguardo il rapporto tra architettura e natura. Non una negazione dell’aspetto ambientale e nemmeno una forma di trascuratezza, bensì l’affermazione della necessità da parte dell’architettura di distruggere, in parte, ciò che è “natura” per poter costruire “cultura” *7.
Ogni intervento presuppone una distruzione. Distruggi con senno…e con gioia | Luigi Snozzi *8
Note:
1. Carlo Cattaneo, Relazione intitolata “Industria e Morale” tenuta nel 1845 alla Società di Incoraggiamento Arti e Mestieri. In alcune versioni è intitolata: Agricoltura e Morale.
2. Aforisma, Paulo Mendes da Rocha (1928-2021)
3. Alessandro Fonti, Maddalena Mameli, Luigi Snozzi, “Luigi Snozzi: un'autobiografia architettonica”, 2012, Franco Angeli, pg.75
4. pg.25
5. Tomà Berlanda, articolo: “L'incontro con il suolo nell'architettura ticinese: teoria e pratica”, 2013, Archi (rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica), pg.27
6. pg.27
7. Andrea Lo Conte, Giuditta Lazzati, “Luigi Snozzi a Monte Carasso: un'esperienza di rigenerazione di un borgo montano”, 2014, Maggioli editore, pg.32
8. Aforisma, Luigi Snozzi (1932-2020)
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