Teatro, psicoanalisi, pittura: Fabio Angelo Bisceglie ha una formazione eterogenea, in cui filosofia e psicologia si intrecciano per sfociare in immagini infinitamente complesse, suggerite dalle libere associazioni di pensiero. Corpi mutili e dalla massa informe affollano le sue tele, in un tripudio di colori che diventa, anch’esso, veicolo di voci interiori a cui è difficile dare forma e sostanza. L’artista torinese inizia la sua carriera nel teatro e approda al mondo dell’arte da autodidatta, con un bagaglio di esperienze condotte negli USA. Si lascia ispirare da Freud e Lacan, studia le relazioni che intercorrono tra arte e psicoanalisi, intraprende un percorso di formazione in arti performative (a New York) e apprende le nozioni di disegno e pittura all’Accademia Pictor di Torino.
Nelle sue opere ricorrono soggetti ispirati al sacro e all’inconscio. Non di rado nei loro titoli si possono scorgere giochi semantici e sottili richiami ad altre iconografie o situazioni. Abbiamo chiesto a Fabio Angelo Bisceglie di raccontarsi in un’intervista e lo ha fatto nel modo più personale che possa esistere: una descrizione introspettiva, a tratti enigmatica, in cui si scorge l’essenza del suo essere. Buona lettura!
Ciao Fabio, grazie per aver accettato di scambiare due chiacchiere nel salotto di ZirArtmag.
Raccontaci un po’ di te:
Credo che quelli come me vengano definiti artisti, quando sono fortunati.
Nel mio lavoro i motori-immobili sono le libere associazioni di pensiero; con esse si può dar vita a delle coralità in ogni momento, a delle nuove letture e scritture semiotiche. L’estraneità del linguaggio è il Virgilio con cui mi muovo nel caos. Iniziai con il teatro e le sue lingue, poi passai alla pittura, con cui mi trovo molto a lavorare. Amo la psicoanalisi, la pedagogia, la filosofia: ogni sapere è per me un mezzo di diritto all’esistenza.
Qual è stato il tuo primo approccio con il mondo dell’arte?
Subito dopo il taglio del cordone ombelicale. Sentii il taglio ed il fuori per la prima volta; lì persi l’anima ed iniziò l’arte.
Ci sono maestri del passato (o altre fonti) da cui trai ispirazione?
Il vuoto è ciò che permette ogni cosa e spesso, lì, posso incontrare Nessuno e tutti gli altri: i miei avi e Carmelo Bene, Jacques Lacan, Rosa Elena Manzetti, Francis Bacon, Goya, Buonarroti, Deleuze, Baselitz ecc.
Che ruolo riveste la psicanalisi nelle tue opere?
È l’impasto madre con cui concepisco ogni cosa, sostanza formale con cui genero ogni contenitore. Inoltre è ciò che mette al lavoro l’alterità con cui mi incontro, oltre il come sono fatto.
Quanto è difficile rappresentare qualcosa di difficilmente restituibile per immagini?
Credo che rappresentare qualcosa di difficile sia molto semplice; quello che chiama il desiderio che mi guida è l’in-rappresentabile, le impossibilità destrutturate da molteplici complessità, ovvero le intelligenze orchestrali polimorfiche e polifoniche.
I tuoi corpi sono spesso mutili, dalle forme incerte. Che cosa si nasconde dietro questa rappresentazione e che relazione si instaura tra corpo e spazio circostante?
Nulla è più nascosto, Nessuno è svelto o meglio rivelato, il “Ni-ente”, l’oltre ruolo. I corpi sono luogo dove si es-pone la non-rappresentazione, quindi le vesti dello schermo e della finzione sono consumate ed emergenti. Smascher-atto dall’atto per l’atto: si tratta di una velocità temporale superiore all’azione, che sconvolge l’intenzione ed i suoi piani.
Nella tua produzione il colore assume un significato particolare?
Io a mia volta sono stato assunto dai colori, mi suonano, fanno musi-ca al mio corpo. Sono voci fuori campo che perdono il ruolo di protagonista, sono ciò che allo specchio non si vede ma si sente.
Perché spesso, nelle tue opere, ricorrono soggetti legati alla religione e alla sfera del sacro?
Sono commosso dalla trascendenza e sono molto attirato dall’immanenza, in un eterno presente.
Credo che per essere in atto nel presente si lasci che essi avvengano attraverso un ponte, un vascello detto corpo, che sia luogo di comunicazione non comunicante, che conceda spazio di libertà dalla realtà mercantile e nichilistica in cui viviamo. Io credo che un artista debba andare oltre la cronaca, l’attualità e la critica; esso lavora con, e per, gli altri-ove. I significati sono un materiale ghiotto di significanti non ancora detti, con cui posso cucire migliaia di maglie di luoghi dei non luogo.
Progetti futuri?
Sto lavorando al concetto di Contraddizione, inteso nella sua polimorfica esistenza, ovvero:
Con-tradizione, come colei che convive con la Contraddizione ed anche con “la” e “le” tradizioni. Questo vuole essere un progetto per trovarsi oltre il nulla nichilistico e incontrare il pieno del vuoto come soluzione all’in-risolvibile. Affronterò questo tema nel nuovo anno in diverse sedi a Milano, cercando di portare il discorso un po’ oltre la dicotomia e il binario sfregamento del pensiero monotono, scoprendo forse un pluri-tono.
Tenete le orecchie aperte e gli occhi tesi a sentire.
Per ulteriori informazioni visita la pagina di Fabio Angelo Bisceglie, attivo su Instagram come @fabioangelobisceglie.
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