ita | eng
Se avete voglia di perdervi in un emozionante e suggestivo viaggio alla scoperta di inconsueti spazi espositivi Delirious Museum è proprio il libro che fa per voi. La sua struttura narrativa consente al lettore di immergersi a proprio piacimento nei tredici capitoli che compongono il volume, senza alcuna soluzione di continuità, proprio come si potrebbero visitare le sale di un museo. Un vero e proprio libro–wunderkammer , come viene definito dall’editore, che approfondisce la questione dello spazio espositivo e dei suoi sottili confini con la città utilizzando numerosi esempi ed accurate descrizioni.
Delirious Museum. Un viaggio dal Louvre a Las Vegas viene pubblicato per la prima volta nel 2006; l’edizione più recente è quella del 2017, pubblicata dalla Johan & Levi Editore. La narrazione di questo straordinario racconto è frammentaria, si colloca nel passato e nel presente, analizza le città, le opere, la letteratura, gli eventi; fornisce un’immagine del museo stravolta e caotica rispetto ai classici canoni di ordine e catalogazione sui quali si fondano normalmente queste istituzioni della cultura.
Il suo autore, Calum Storrie, è architetto, curatore e designer; laureatosi nel 1980 alla Dundee University, ha collaborato con prestigiose istituzioni museali e ha aperto uno studio privato – Calum Storrie Ltd – che si occupa di progettare spazi espositivi, mostre temporanee e permanenti. Scrive su numerose riviste di arte e architettura, affrontando le tematiche su cui si incentra tutta la sua ricerca.
È nell’introduzione che l’autore traccia le linee guida per affrontare il libro e i suoi labirintici racconti: «Il museo che esaminerò presenta elementi di continuità con la strada e aspira alla condizione della città: il mio obiettivo è restituire il museo alla città e viceversa. (…) La maggior parte delle città si è evoluta nel corso di un lungo periodo e in maniera incontrollata. Il museo d’altra parte, è tradizionalmente associato all’ordine e alla classificazione: sistemi tassonomici “neutrali” sono stati usati come strumento di “chiarificazione” e educazione, e spesso questa neutralità ha limitato le possibili intenzioni del museo. (…) Tutti i musei portano in sé il germe del loro stesso delirio (…). Il disordine, lo sconvolgimento delle categorie, la teatralità, le narrazioni museologiche e le complesse stratificazioni storiche possono, come elementi singoli o combinati, condurre all’erompere del delirio. (…) Il Delirious Museum non sostituisce il museo come lo conosciamo, ne costituisce piuttosto una versione parallela rispetto alla sua evoluzione».
Tutto ha inizio con il racconto dell’evento che, secondo Storrie, si può identificare come atto costitutivo del museo delirante: il furto della Gioconda avvenuto nel 1911, nel quale furono coinvolti a vario titolo Picasso, Apollinaire e il suo segretario Géry Pieret. Il momento in cui si scoprì la scomparsa della Gioconda segna l’inizio di una catena di eventi che rappresentano una metafora della relazione ambigua tra modernismo e museo.
Secondo Storrie la genesi del Delirious Museum non va cercata nella storia del museo in sé, ma nelle idee intorno alla città formulate da Baudelaire, Benjamin, Aragon e Breton. Queste idee, oltre a costituirne una storia, sono l’essenza stessa del Delirious Museum. La condizione del flaneur viene così indagata partendo dalla definizione data da Baudelaire: il moderno e curioso osservatore urbano, il visitatore del Delirious Museum, si muove liberamente tra i ruoli assegnati al flaneur, in maniera analoga; il desiderio del museo delirante è che ogni visitatore soccomba alla curiosità, alla “passione fatale, irresistibile” descritta dal poeta. Non mancano, nei capitoli successivi, la menzione ai gesti e alle azioni di artisti come Duchamp e, successivamente, di Klein e Arman – fondamentali per la definizione di quanto oggi chiamiamo spazio espositivo – e l’approfondimento sul Merzbau di Schwitters.
Il viaggio prosegue e approda al Department of Arts, un museo immaginario dedicato alle opere di artisti che hanno lavorato o stanno lavorando sull’idea del museo; si parla di itinerari ideali in una Londra familiare all’autore, si affronta il tema della morte e dei mausolei, si esplorano Los Angeles e Las Vegas, si esamina l’operato di progettisti come Carlo Scarpa e Daniel Libeskind.
Delirious Museum è un libro che incuriosisce pagina dopo pagina, capace di sollevare numerosi quesiti. Quanto la città ha invaso il museo e quanto il museo ha invaso la città? Che cosa hanno in comune un pub stracolmo di oggetti impolverati e un museo? Quanto un progetto espositivo può contenere il delirio di un labirinto fatto di materiali, narrazioni e storia?
Scopri di più sul libro visitando il sito di Joahn & Levi Editore.
Leggi gli altri Focus