Per la rubrica WWW+ oggi parliamo di un artista controverso, che spesso ha spaccato in due l’opinione pubblica offuscando i confini tra arte, protesta e crimine. Mi riferisco a Petr Pavlensky, artista e attivista politico russo conosciuto in tutto il mondo per le sue spettacolari azioni ad alto livello di rischio, in cui il corpo è assoluto protagonista della scena, mezzo d’espressione e veicolo di messaggi fortissimi.
L’artista rivendica il diritto alla libertà d’espressione e di parola, contestando aspramente la censura dei governi, le discriminazioni e gli abusi di potere. Lo fa ricorrendo ad azioni estreme ispirate all’Azionismo viennese degli anni ’70, in cui spesso ricorre ad autolesionismo e mutilazione: in Carcass, azione del 2013, si presentò all’ingresso dell’Assemblea Legislativa di San Pietroburgo avvolto in un bozzolo fatto di filo spinato in segno di protesta contro la repressione del governo russo. Nello stesso anno venne arrestato per Fixation, performance di denuncia contro l’apatia e l’indifferenza del governo di Putin, in cui l’artista – completamente nudo – inchiodò il suo scroto al pavimento della Piazza Rossa di San Pietroburgo. Nel 2014 Petr denunciò gli abusi politici perpetrati dalla Russia all’interno degli ospedali psichiatrici tagliandosi il lobo di un orecchio e, nel 2017, venne arrestato dalla polizia francese a seguito di un rogo appiccato in prossimità dell’ingresso della Banca di Francia a Parigi.
Forse lo ricorderete per quella che è stata la sua prima azione, probabilmente anche la più famosa: nel 2012 Petr finì su tutti i giornali per aver protestato contro l’incarcerazione di tre membri delle Pussy Riot, accusate di teppismo motivato dall’odio religioso a seguito di una manifestazione che contestava il sostegno della Chiesa ortodossa al governo del presidente Vladimir Putin.
In quell’occasione Petr si presentò davanti alla cattedrale di Kazan a S. Pietroburgo con la bocca cucita e un cartello in cui paragonava l’azione della punk rock band ai versi 21:12-13 del Vangelo secondo Matteo, che recitava: “L’azione delle Pussy Riot era una replica della famosa azione di Gesù Cristo”.
Seam, direttamente ispirata alla famosa azione di David Wojnarowicz che, nel 1989, si era cucito la bocca in segno di protesta contro il disinteresse dell’amministrazione Reagan nel contrastare l’AIDS, portò all’arresto di Pavlensky, il quale venne considerato incapace di intendere e di volere.
Sulle motivazioni che lo spinsero a portare in piazza un’azione di questo tipo, l’artista aveva affermato: “Cucendomi la bocca, ho mostrato la situazione dell’artista contemporaneo in Russia, il quale vive in un ambiente in cui vige il divieto di pubblicità, l’inasprimento della censura e la soppressione delle dichiarazioni pubbliche nell’arte contemporanea”.
Il gesto di Petr Pavlensky fu replicato dalle Femen nel 2018, durante il processo che lo vedeva accusato di vandalismo per aver appiccato il rogo alla Banca di Francia di Parigi: proprio come aveva fatto l’artista per le Pussy Riot, il gruppo di femministe si presentò di fronte all’entrata del tribunale, le bocche cucite e i corpi nudi, utilizzati come manifesto per urlare gli slogan a sostegno della causa di Pavlensky e della sua liberazione.
Per approfondire il lavoro di Petr Pavlensky potete consultare la sitografia segnalata in fono all’articolo: conoscevate l’artista russo? E cosa pensate delle sue azioni di protesta? Fatecelo sapere nei commenti!
Consulta le fonti utilizzate per redigere l’articolo:
Academia.eu | Il Corriere | New York Times | The Economist | Vice | Il Post | The Art Newspaper | Fact Mag
Ph Credits | @pyotrpavlensky – @femen_official – @free_petr
Le fotografie incluse nell’articolo e nel video hanno il solo scopo di accompagnare la narrazione e sono state utilizzate nei limiti concessi dal diritto di cronaca. Per qualsiasi segnalazione scrivi a info@zirartmag.com
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Storia interessante che vorrei approfondire.