Il primo capitolo di una storia di furti e di manipolazioni delle leggi italiane da parte dei tedeschi
La prima metà del ‘900 è conosciuta come una dei periodi più bui dell’epoca post-moderna, non solo dal punto di vista umanitario ma anche artistico. Molti furono i tentativi di cancellare alcuni filoni artistici, considerati arte degenerata, e trafugare alcune opere d’arte considerate di proprietà intellettuale tedesca. Molte furono le forze Alleate che contrastarono questi trafugamenti impropri, tra cui un italiano: Rodolfo Siviero (1911-1983).
Fu un agente segreto italiano che durante la seconda guerra mondiale riportò in Italia un notevole numero di opere d’arte trafugate dai gerarchi tedeschi. Prima di ottenere il ruolo di Ministro Plenipotenziario e iniziare il processo di recupero delle opere d’arte trafugate, Siviero fu un agente segreto presso il SIM (Servizio Informazioni Militare), un organo che aveva il compito di verificare l’evolversi dell’antisemitismo in Germania.
La sua vita in questi anni risulta lacunosa per la mancanza di documenti legati al suo servizio di spia segreta perché coperti dal segreto di stato. La vita di quest’uomo è quasi un romanzo, nessuna fonte è certa, ma vale la pena di essere raccontata per far luce su una vicenda poco trattata durante questo periodo storico.
Ma facciamo qualche passo indietro, andando a vedere cosa stava succedendo in Germania in quegli anni.
La Germania nazista era caratterizzata da un’ideologia diretta al recupero di tutto ciò che poteva essere considerato un simbolo della storia e della spiritualità della nazione tedesca: Hitler desiderava costruire a Linz un grande museo intitolato alla propria persona e destinato a raccogliere le opere più importanti dell’arte europea. Il Führermuseum avrebbe dovuto aprire i battenti nel 1950 e avrebbe dovuto ospitare circa 16 milioni di opere provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.
Il disegno nazista fu facilitato dalla stretta alleanza col fascismo: questo infatti permise alla Germania di ottenere quello che il Führer voleva, eludendo le ferree leggi italiane in materia di beni culturali. Ma da dove si poteva partire per ideare questo progetto?
Nel 1939 Otto Kümmel, un eclettico storico dell’arte e direttore dei musei statali di Berlino, aveva redatto una lista delle opere di interesse germanico che sarebbe stato possibile rimpatriare: il “rapporto Kümmel”. All’interno della lista erano presenti opere di grande rilievo tra cui la tappezzeria di Bayeux, la corona di Carlo Magno e l’intero apparato rituale usato per l’incoronazione dei Sacri Romani Imperatori di nazione germanica, la corona di ferro della regina longobarda Teodolinda, e i due dipinti di Adamo ed Eva di Lucas Cranach il Vecchio degli Uffizi, considerati il simbolo della nazione tedesca, oltre a quadri di celebri pittori italiani (Tintoretto, Tiziano, Veronese).
L’interesse del Führer era rivolto anche alle biblioteche, agli archivi e agli oggetti custoditi all’interno delle sinagoghe: per recuperare questi tesori decise di costituire un’unità operativa speciale autorizzata a ricercare e confiscare tutti questi beni per farli poi confluire in un grande edificio dell’Alta Scuola del Partito Nazionalsocialista da costruire sulle rive del Chiemsee.
Hitler condivideva questo suo amore per l’arte col suo braccio destro, Hermann Göring, e altri conoscitori e mercanti: Hans Posse, direttore delle Gallerie di Dresda e futuro direttore del museo di Linz, e il suo successore Hermann Voss, il mercante Karl Haberstock, la signora Dietrich, amica di Eva Braun, e Bruno Lohse, il consigliere personale di Göring. Il loro quartier generale era in Francia, nella sede di Casa Wildenstein: da qui partivano per comprare a prezzi bassissimi le opere d’arte contenute nel rapporto Kümmel; era presente anche un ufficio in Italia, che facilitava l’acquisto o la razzia delle opere.
La possibilità di interrogare Bruno Lohse a guerra finita permise di capire lo svolgimento di questi acquisti illeciti: la scelta delle opere da acquistare tra quelle esposte era un compito assegnato a Göring, terminata la scelta uno dei suoi uomini si presentava dal venditore designato per acquistare le opere richieste, assecondando il prezzo proposto dallo stesso. Concluso l’affare con i mercanti l’opera veniva trasportata segretamente in Germania e lì nascosta in uno dei depositi del futuro museo di Linz.
Hermann Göring stesso però voleva creare una galleria d’arte privata con parte delle opere che avrebbe trafugato in Europa: il Carinhall (in onore della moglie Carin, morta nel 1931). Nel 1933 Göring comprò una piccola area boschiva e fece costruire un piccolo chalet di caccia che, nel 1937, divenne la residenza estiva ufficiale di Göring e poi del Carinhall stesso. Tra il 1939 e il 1944 Göring investì enormi somme di denaro pubblico per la creazione della sua collezione privata, che presto sarebbe andata a rivaleggiare con quella di Hitler, grazie anche al personale specializzato di cui si era attorniato: Walter Andreas Hofer, il consulente estetico del dittatore e curatore della collezione di Göring, Walter Bornheim, un mercante specializzato in scultura, Kajetan Mülhmann, capo razziatore e ladro di stato, Karl Haberstock, che teneva in ordine gli acquisti, Karl Kress, maestro fotografo per la documentazione per l’archivio, Alois Miedl, un banchiere di mano lunga e Gisela Linbeger, la perfetta segretaria. Tramite i suoi emissari ottenne quadri di Cezanne, Franz Marc, Munch, Van Gogh, Lucas Cranach e Francois Bucher.
Nella maggior parte dei casi erano gli emissari stessi che acquistavano le opere per conto di Göring ma nei casi di maggior rilievo si muoveva di persona. Spesso si trovava a Parigi, dove metteva le mani sulle collezioni degli ebrei grazie anche al beneplacito di Hitler, e in Italia, che dopo il suo viaggio nel 1924, era diventata la sua ossessione per il patrimonio artistico che conservava.
Fulcro di questa sua ossessione fu la celebre Danae di Tiziano, il cui trasporto fu organizzato direttamente dal suo curatore museale, Walter Andreas Hofer, che riuscì a far arrivare la Danae nelle mani del gerarca nazista offrendogliela come regalo per il suo compleanno il 12 gennaio 1944: “La Danae del Karinhall, dopo l’esportazione passò all’appartamento privato di Göring: come gli uomini antichi, egli restava molte ore sdraiato, e per questo collocò il dipinto al centro del soffitto della sua stanza. Poi, stanco, ne fece una spalliera del letto. La fanciulla, chiusa una volta dal padre nella torre di rame, invece di Giove dovette ora accontentarsi della compagnia di Göring”.
La Danae tornerà in patria tre anni dopo, nel 1947.
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