SLAG è un progetto multiforme, fuori dagli schemi. Libera di essere una mostra e al tempo stesso uno store, un luogo di scambio e un’occasione per fertilissime collaborazioni, questa esplosione di energie in cui viene presentata la nuova collezione di sculture firmata da Marco Ceroni è stata inaugurata il 25 settembre e sarà visitabile fino al 19 dicembre 2020 presso la Gallleriapiù di Bologna.
Un’idea nata in stretta relazione alla recente esperienza portata a termine dall’artista presso il Museo Carlo Zauli di Faenza: è stato qui, infatti, che Ceroni ha avuto modo di prendere parte alla residenza MCZ Territorio e di sperimentare la ceramica e le innumerevoli possibilità che essa offre, sotto la guida maestra di Aida Bertozzi.
Ispirandosi come di consueto al mondo urbano ed estrapolando da esso l’iconico elemento che sta alla base del concept di questa nuova serie di sculture, l’artista gioca con le texture, con il colore e con le forme, imprimendole, modellandole e scavandole nella materia. Denti aguzzi, squame e numerosi altri elementi ispirati al mondo organico e animale si fondono indissolubilmente con il profilo della carena di un Booster MBK 1990 in una metamorfosi che genera nuove e inconsuete forme di vita, veri e propri abitanti della giungla urbana che riemergono dal limen dell’ordinaria realtà e si riappropriano dello spazio.
Superfici lucide e opache, lisce e ruvide, dalle linee morbide e al contempo affilate si alternano in un continuo contrasto: vivissimo, inaspettato, di grande impatto visivo e, soprattutto, vicinissimo alla poetica dell’artista.
«SLAG è un attacco alla realtà dove il panico cerca di arrampicarsi alla superficie delle cose». La scritta SLAG, dipinta a caratteri cubitali dallo street artist Giorgio Bartocci invade lo spazio e colonizza le pareti bianche della galleria, accompagnando le sculture di Ceroni in una perfetta sintonia cromatica ed estetica. Tante le collaborazioni per un lancio in edizione limitata che trae ispirazione dallo stile delle campagne realizzate per il mondo della moda e della musica: oltre all’intervento site-specific realizzato da Giorgio Bartocci compaiono, tra gli altri, i nomi del fotografo Toni Brugnoli – che ha curato la campagna digitale, e del Graphic Designer Gabriele Colia, che ha studiato il design del packaging e lo sviluppo della Brand Identity.
«Il progetto grafico diventa parte attiva dell’opera, mettendo in discussione il confine tra design ed opera artistica, tra funzione ed estetica. In mostra il video della regista Veronica Santi, in bilico tra documentazione e spot pubblicitario ripercorre il behind the scene della produzione di SLAG registrandone le atmosfere, uno sguardo dentro al processo artistico».
In questa intervista Marco Ceroni ci racconta la genesi delle sue sculture e ci parla dei featuring di SLAG, svelandoci qualche curiosità in più sulla sua carriera e sul suo modus operandi.
Ciao Marco! È un piacere poter scambiare quattro chiacchiere con te nel salotto di ZìrArtmag. Ti andrebbe di raccontarci quando e come hai mosso i primi passi nel mondo dell’arte?
Il piacere è mio e vi ringrazio. Prima di arrivare a Milano non avevo le idee chiare e non sapevo minimamente come funzionasse questo mondo. Poi ho iniziato piano piano ad essere più convinto grazie anche ai compagni di viaggio che ho incontrato. Smettere di cercare scuse è stata la cosa più importante. Ma non credo di averlo fatto da molto. Per me è stato un percorso lento e strettamente legato al mio vissuto. Un percorso in cui cerchi di capire meglio cosa vuoi e chi sei.
Quali sono gli elementi che hanno contribuito alla formazione del tuo personale immaginario?
Il mio immaginario è la mia vita. La vita di provincia con gli amici di sempre, la scena dei rave party con tutti i suoi rituali e le sue pratiche, l’arrivo a Milano e la vita di periferia tra squat e palazzoni. Le persone che sono state al mio fianco e quelle che ci sono ancora. Soprattutto loro devo ringraziare. Tutto questo ha impattato con le cose che mi piacciono: film di genere, libri e musica rap, creando così un movimento iperbolico all’interno della mia ricerca espressiva.
Tra tutte le mostre e gli interventi fatti nel corso della tua carriera artistica ce n’è uno a cui sei particolarmente affezionato? Se si, perché?
PUPA. Forse perché parla anche di una persona che ci manca. È una performance che ho realizzato con l’aiuto di alcuni amici a Milano nel 2019 all’interno di una ex fabbrica di panettoni abbandonata, durante Biennolo. In PUPA un rituale nomadico e uno schianto metropolitano si fondono insieme creando un momento in bilico tra reale e verosimile. Il suono dei tubi di scappamento da voce al corpo della performer che esegue figure di pole dance. Viceversa la ballerina, che oscilla tra entità soprannaturale e capo banda, dà corpo all’intenso e assordante grido degli scooter. La performance si svolge in un tempo brevissimo. Un’incursione nello spazio dove prende vita il rituale. Mordi e fuggi: per questo mantiene un retrogusto dal sapore illegale. La figura che ho messo in campo è potente, è forte, è colei che da inizio e fine al rituale. È una figura androgina. È la nostra supereroina.
Per le tue sculture utilizzi spesso la tecnica del tuning, pratica connessa alla personalizzazione estetica e/o meccanica dei veicoli. Mi sorge spontaneo chiederti: si tratta di una passione per la customizzazione, nata ancor prima della produzione strettamente artistica e in seguito adattata alle tue esigenze in questo ambito o sei approdato in itinere a questa tecnica, magari in relazione ai materiali che sei solito adoperare per le tue sculture?
Diciamo che più che utilizzare la tecnica del tuning, prendo ispirazione da questa tecnica. Lavorando spesso su componenti esistenti è stata una cosa spontanea e naturale. Io non ho mai smanettato con i motorini ma vedevo gli amici farlo. La scena ravers è stata sempre inondata di veicoli pazzi; La Mutoid Weste Coast è vicino a Faenza, a Santarcangelo di Romagna, e le loro sculture e costruzioni sono tatuate nelle mie pupille. A Milano, all’interno dei cortili delle case popolari i motorini hanno una presenza forte e cambiano sempre forma: sono vivi. Si smontano, si rimontano, si smontano e si rimontano. I loro pezzi per me perdevano senso e assumevano nuovi significati. Cerco di dare forma alle vibrazioni che quegli oggetti e quelle situazioni mi hanno dato.
Sappiamo che sei stato ospite della residenza MCZ Territorio presso il Museo Carlo Zauli di Faenza ed è lì che è nata la tua ultima serie di sculture, SLAG. Cosa porti con te di questa esperienza e quali sono state le principali novità da te sperimentate in corso d’opera?
Lavorare al Museo Carlo Zauli è stata un’esperienza pazzesca. Ringrazio infatti Matteo Zauli per avermi dato questa possibilità. Essere all’interno di quegli spazi affiancato da una Maestra ceramista come Aida Bertozzi per me è stata una festa. La ceramica mi ha aperto un nuovo mondo, a tratti anche pericoloso: rischi di perderti nelle sue infinite possibilità.
Dal 25 settembre queste sculture ibride e direttamente provenienti dalla giungla urbana popolano gli spazi di Gallleriapiù, che per l’occasione diventa Temporary Store di SLAG. Ci sveleresti qualcosa in più su questo tuo solo show?
SLAG è una collezione di sculture in ceramica che ho realizzato durante il mio periodo di residenza al Museo Carlo Zauli. La forma di una carena di Booster viene riprodotta in ceramica e modificata tramite innesti che richiamano il mondo organico, creando così una collezione di sculture in bilico tra scorie e resti animali. SLAG è un attacco alla realtà dove il panico tenta di arrampicarsi alla superficie delle cose. All’interno di GALLERIAPIÙ ho cercato di costruire uno spazio ibrido dove mondi ed immaginari differenti si mescolano fra di loro. Ho cercato di sentirmi il più libero possibile nella costruzione di questo progetto e tutto ciò è il risultato di un dialogo sincero che si è creato tra me, Veronica Veronesi, il Museo Carlo Zauli e tutti gli artisti e amici che hanno collaborato. Infatti SLAG è il risultato di un processo collettivo. Abbiamo lavorato in tanti a questo progetto. Ho innescato molti featuring: Giorgio Bartocci, artista visivo che ha realizzato un intervento pittorico site specific sulle pareti della galleria a quattro mani con Stefano Serretta, anche lui artista e amico. Toni Brugnoli ha immortalato le mie opere e i miei lavori attraverso il suo tipico sguardo crudo e metropolitano. Infine Gabriele Colia ha creato l’immagine grafica del progetto e Veronica Santi ha realizzato un video finalizzato al lancio di questi nuovi lavori. Con loro abbiamo dato forma ad un progetto in cui ambiente ed immaginario si ibridano e si amplificano a vicenda.
Marco Ceroni ( Forlì, 1987) vive e lavora a Milano. La sua ricerca nasce da una fascinazione per spazi ed immaginari che lo circondano, elementi di cui propone una rilettura attraverso l’utilizzo di molteplici tecniche e materiali, trovando una dimensione propria tra reale e verosimile. Scenari metropolitani, film di genere e background personali convivono nell’immagine frantumata di un mondo futuribile. Tra le mostre collettive e personali più recenti: NOW NOW, Toast, Firenze (2019); Eptacaidecafobia, Biennolo, Milano (2019); Pelle d’oca, Villa Vertua Masolo, Nova Milanese (2019); Auser Limbo, Essenza Club, Fiume Serchio, Lucca (2019); Sotto la tazza blu, Yellow, Varese (2019); Late Night Show, GALLLERIAPIU, Bologna (2017); Make People Smile, Adiacenze, Bologna (2017); The Great Learning, Triennale, Milano (2017); Nesxt, Torino (2016); Good Night, and Good Luck, A plus A, Venezia (2016); Teatrum Botanicum, PAV, Torino (2016); Perfezioni, 77, Milano (2016), Open-VIR, Viafarini, Milano (2016), L’opera irraggiungibile, Artissima, Torino (2015). È attualmente in corso la mostra di fine residenza “Squame” presso il Museo Carlo Zauli di Faenza.
Per ulteriori informazioni visita il sito dell’artista, attivo anche su Instagram come @marco_ceronee. Visita il sito ufficiale di Gallleriapiù per tutti i dettagli sulla mostra in corso.
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