Matteo Casali Caramello è un giovanissimo artista veneto, nato a Schio nel 1994. Si dice realmente ossessionato dalla pittura e dal disegno, attività a cui pensa ogni giorno e alle quali si dedica assiduamente. L’arte è stata la sua quotidianità fin da bambino: figlio di artisti, Matteo trova spazio fertile per la sua creatività proprio grazie alla sua famiglia. Legge tantissimo e disegna, frequenta il Liceo Artistico e lì comprende che la pittura sarebbe stata la sua vera vocazione. Iscritto all’Accademia di Belle Arti di Venezia, attualmente risiede a Thiene e prosegue gli studi, portando avanti una complessa ricerca sulla figura umana, inserita – come afferma lui stesso – nel non-luogo.
La sua è una tavolozza fatta di colori cupi, di angosce, di sentimenti universalmente percepiti e condivisi: così, nelle opere del suo Periodo Nero, ci possiamo calare nella «sensazione di smarrimento e inutilità che prova l’essere umano nel momento in cui prende consapevolezza del fatto di essere mortale»; in quelle del Periodo Arancione ci troviamo di fronte a opere «ambientate al crepuscolo, intrise di accenni alla mitologia»; nel Periodo Bianco siamo di fronte ad uno «studio dei materiali come unica personalizzazione dei soggetti rappresentati, un’ultima speranza per salvare la loro identità dopo averli inseriti in un “non luogo”». I corpi, talvolta evanescenti e dai contorni tremolanti, arrivano persino a fondersi con lo spazio circostante e gli ambienti, caratterizzati da una descrizione figurativa ridotta ai mini termini, sono così sintetici da risultare sospesi nel tempo e nello spazio.
Abbiamo fatto qualche domanda a Matteo per conoscere più da vicino la sua storia: un’intervista in cui l’artista si racconta e spiega a fondo le tematiche e le scelte stilistiche legate alla sua produzione, rivelando anche qualche curiosità sul futuro.
Ciao Matteo, è un piacere poter scambiare due chiacchiere con te nel salotto di ZìrArtmag. Sei giovanissimo: come ti sei avvicinato al mondo dell’arte e qual è stato il tuo percorso formativo?
Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa intervista! Posso dire che fin dalla nascita mi sono ritrovato immerso nel mondo dell’arte, poiché provengo da una famiglia di artisti; a partire da mio nonno, i miei zii, cugini, chi in un modo o nell’altro ha studiato arte e fa arte a modo suo. Ho iniziato subito, fin dai primi anni di vita, a disegnare. Leggevo molti fumetti italiani, americani, giapponesi; durante gli ultimi anni di Liceo Artistico ho capito che dipingere era la mia vocazione. Non avevo una vera e propria ricerca, però mi piaceva dipingere in giro per le strade delle città, con dei miei amici pittori, e abbandonavamo le tele nel posto in cui le dipingevamo, come una specie di performance che chiamavamo “Barbonismo” (ma questa è un’altra storia). Ho iniziato a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Venezia e da allora ho cominciato una ricerca molto più seria e approfondita. Non potrei davvero vivere senza la pittura.
Se dovessi individuare tre grandi artisti del passato che hanno influenzato il tuo stile o ai quali ti ispiri, chi sarebbero?
Per me la pittura dev’essere evidente in un quadro, devono vedersi le pennellate. Sono sempre stato affascinato dal modo di dipingere di Tiziano, Tintoretto… Anche Caravaggio, per la forza del chiaroscuro. In generale le opere Rinascimentali per la loro importanza biblica: un misticismo che manca nelle opere di oggi. Modigliani per la grande poesia che ha saputo racchiudere nei suoi dipinti. In generale, mi affascinano modi rapidi e decisi di dipingere.
La tua è una ricerca che indaga la figura umana e la sua condizione interiore. Ci spiegheresti meglio in che modo forma e animo dialogano all’interno della tua pittura?
A dire la verità questa è solamente una delle molte ricerche che ho svolto e che continuo a portare avanti. Ho sviluppato in passato una ricerca sul paesaggio, che mi ha impegnato per centinaia di tele. La ricerca attuale è quella che tendo a mostrare al pubblico, appunto quella sulla figura umana e la sua condizione interiore; generalmente non ragiono mai per singole opere, ma tendo ad approfondire il racconto attraverso molte tele che, solamente viste nell’insieme, riescono a mettere a fuoco la ricerca che c’è dietro. Per ora sto studiando la figura umana nel non-luogo, cioè in spazi “di passaggio”, che rappresento come vuoti, anonimi, freddi, con poche linee a dare un’idea di spazio.
Le figure umane sono abbozzate, poiché cerco di dare una caratterizzazione ai soggetti con pochi segni e, qua e là, dei dettagli più definiti, come le scarpe, che suggeriscono una storia molto interpretabile. A volte i personaggi sono così ridotti all’osso che si fondono in parte con lo sfondo: questo deriva da una mia precedente ricerca in cui approfondivo il mito di Dafne; all’inizio le figure umane si trasformavano in piante, alla fine ero giunto a fonderle direttamente col paesaggio lasciandole molto velate, cioè “semitrasparenti”.
Che importanza ha il colore all’interno delle tue opere? È esso stesso espressione delle emozioni e dei turbamenti dei protagonisti del quadro?
Devo ammettere che il colore non ha per me la stessa importanza del segno. Però no, non lascio mai che il colore trasmetta emozioni, poiché penso sia una soluzione un po’ banale. Il colore è scelto sulla base di accorgimenti che utilizzo: più caldi per le figure che voglio escano in primo piano, più freddi per lo sfondo. Un po’ di bianco alla fine, e un bel po’ di nero che buca la tela nelle parti più importanti del quadro, come le scarpe, che caratterizzano spesso le mie opere. Generalmente ci tengo a mantenere le pennellate pulite, con un colore deciso e mai sporco; la tela non è una tavolozza, a volte infrango questa regola. Cerco comunque di rimanere più realistico possibile, in quasi tutte le tele.
Lo studio racconta tanto dell’essenza dell’artista e della sua personalità. Tu in che ambiente sei abituato a lavorare? Descrivici il tuo angolo creativo!
A dire la verità la mia personalità pittorica è tanto mutevole quanto lo è il mio studio. Tralasciando il fatto che mi sono molto divertito, anni fa, a dipingere per strada, ho molti posti per dipingere: nella mia casa a Thiene, dove abitavo prima di trasferirmi a Venezia, quando torno ho una stanza che allestisco per dipingere e dipingo o disegno anche nei campi intorno; inutile dire che quel posto influenza la mia pittura e mi porta a continuare la mia ricerca sul paesaggio.
Qui a Venezia sto in una casa studentesca e dipingo con il poco spazio che ho, un nailon a terra e i miei fidati pennelli e colori. Poi c’è l’Atelier in Accademia, che ti permette di confrontarti anche con altri pittori. Sono stato a volte anche a dipingere a Forte Marghera, in estate. Certo mi sto organizzando per avere un posto più ampio e dedicato per dipingere, ma difficilmente mi fermo in un posto solo e io dipingo ogni giorno.
Che cosa pensi del mercato dell’arte e dell’attenzione che esso ripone nei confronti degli artisti emergenti?
Malgrado quello che si dice in giro, io ho trovato molta vita in questo settore in Italia. Certamente all’estero le cose vanno meglio, però una condizione difficile per partire è anche stimolante, da un certo punto di vista, e molto soddisfacente quando vedi che la tua notorietà aumenta. Escludendo dal discorso i piccoli galleristi che organizzano concorsi solamente per spillare soldi agli anziani autodidatti del paese che non danno alcuna possibilità ai giovani, con la passione, l’originalità e la voglia di mettersi in gioco, giorno dopo giorno, si può arrivare a farsi notare. Personalmente sono un nostalgico e non nego che mi piacerebbe che il mercato dell’arte girasse attorno alle commissioni importanti come succedeva nel 1500, per non scadere nella semplice decorazione di interni.
Nonostante il periodo di quarantena – e nell’ottica di uno sguardo positivo, rivolto al futuro – vogliamo farti la consueta domanda di chiusura dell’intervista: mostre in calendario, progetti, nuove collaborazioni? Raccontaci che cosa bolle in pentola!
Il mio sguardo è sempre ottimista verso il futuro, anche se dalla mia pittura traspare un forte pessimismo (forse lo esterno e me ne libero!). La quarantena mi ha dato modo di rimettere in ordine le idee, e ho in mente un paio di mostre personali e collettive per quando tutto finirà. Per ora posso dire che sto scrivendo un libro, forse due, in cui il tema è sempre la pittura, e che la mia ricerca pittorica si sposa perfettamente con la sensazione di dissociazione data da questo periodo e quindi la sto approfondendo ad una velocità molto elevata.
Per ulteriori informazioni visita il sito dell’artista, attivo anche su Instagram come @matteocasali.caramello.
Leggi gli altri MTA
Decisamente sorprendente la bellezza davvero notevole delle opere, un tratto pittorico che lo contraddistingue. Ammirazione sincera e complimenti.
Anche se il mio commento può sembrare di “parte” trovo nei lavori di Matteo una forte carica espressiva e comunicativa. Le sue continue ricerche sulla figura e più in generale sulla condizione esistenziale, sono condotte con grande impatto emotivo. Tutta la sua carica artistica si connota in una ricerca coloristica personale fatta di tonalità cromatiche che evocano momenti di tensione del vissuto quotidiano. Matteo è un artista completo.