ita | eng
Passeggiare per le strade di Orgosolo, piccolo paese situato nel cuore della Sardegna tra le alture del Supramonte, è una continua scoperta. Ciò che si impara (o si rammenta), percorrendo le tortuose viuzze del centro abitato, è che l’arte è uno dei più potenti mezzi di comunicazione, efficace affinché si conservi la memoria, si trasmetta la conoscenza, si ricordi la protesta.
L’arte del muralismo ha origini lontane: tra gli artisti più noti in questo frangente vengono di sicuro in mente i maestri messicani José Clemente Orozco, Diego Rivera e David Alfaro Siqueiros, nelle cui opere rivivono le violenze della Rivoluzione messicana, la lotta operaia, i messaggi e le ideologie politiche di quegli anni. In Italia fu il Manifesto della pittura murale redatto da Mario Sironi nel 1933 ad elogiare le qualità artistiche e comunicative delle pitture murali, con lo scopo di spiegare in che modo questo strumento avrebbe potuto “educare il popolo” durante il periodo fascista. Questa forma d’arte semplice, capace di parlare alle masse in maniera chiara e diretta, sopravvisse alla distruzione causata dai conflitti e fiorì di nuovi significati nel secondo dopoguerra.
Tra gli anni Sessanta e Settanta la Sardegna divenne culla del muralismo: a San Sperate, nel 1968, Pinuccio Sciola «di ritorno dalla stimolante esperienza di studio condotta presso l’Università della Moncloa a Madrid, propose di ricoprire i muri del proprio paese natale con calce bianca e di dipingervi grandi murales. Mani forti e braccia amiche si avvicendarono nella pittura di strada, creando spazi adibiti ad ospitare bellezza; opere nate dalla condivisione e dalla collaborazione di un’intera comunità, nel fervore di un’azione che ha il sapore di una performance artistica collettiva, di un rito popolare. Le superfici imbiancate presero parola, raccontando storie di politica e di vita quotidiana; furono molti gli artisti a voler lasciare un segno a San Sperate, sulla scia dell’iniziativa promossa dall’amico e maestro Pinuccio Sciola (leggi l’articolo completo su Sciola qui)».
Anche ad Orgosolo i muri parlano. Nel paese barbaricino l’accoglienza è parola d’ordine e i colori della natura si fondono a quelli dei circa 150 meravigliosi murales che ornano le facciate delle case e dei negozi. Orgosolo è un vero e proprio paese-museo: il primo murales risale al 1969 e fu realizzato dal gruppo anarchico milanese Dioniso, ma il proliferare delle pitture murali si deve agli interventi e alla dedizione di Francesco del Casino che, a partire dal 1975 e a più riprese, realizza la maggior parte dei murales orgosolesi.
Tra i muri di Orgosolo c’è spazio anche per tecniche differenti: se si presta attenzione, tra i moniti al rispetto dell’ambiente e i preziosi insegnamenti della storia, è possibile scorgere una seadas dal formaggio filante, opera dello street artist Cibo.
Svoltando tra i vicoli stretti ci si imbatte in meravigliosi omaggi ai grandi maestri dell’arte: Frida Kahlo, Diego Rivera, Vasilij Kandinskij e Pinuccio Sciola convivono a pochi metri di distanza, intervallati dai ricordi sulla vita di Antonio Gramsci e dalla poesia in musica di Fabrizio de Andrè; le parole di Grazia Deledda si mischiano al ricordo delle lotte operaie, alla memoria delle donne morte in fabbrica, alla lotta per la parità dei diritti, alla vita dei contadini. Alcuni dei murales invitano lo spettatore a non dimenticare gli orrori della guerra e i soprusi che l’uomo, troppo spesso, ha perpetrato nei confronti della natura e dei suoi simili, promuovendo messaggi di pace e di integrazione.
Sfoglia la gallery:
Informazioni utili su SardegnaTurismo
Photo credits: Fabio Ezio Solinas
Leggi le altre curiosità