Il carattere ludico insito nelle intenzioni dell’artista si percepisce a partire dal titolo e dalla presentazione della mostra. Da che mani vidi Zan Cin è un gioco di parole, un anagramma che, risolto, non è altro che il suo nome. Un cortocircuito di concetto e di forma che prende vita e si rafforza grazie all’immagine che accompagna il comunicato: l’invito a vedere qualcosa che (in realtà) non c’è e, al contempo, un’esortazione a svelarne il mistero.
Davide Mancini Zanchi, nato nel 1986 nella meravigliosa Urbino, espone le sue opere alla OTTO Gallery di Bologna, dal 12 aprile al 20 giugno 2019, in una mostra personale che focalizza l’attenzione sull’atto performativo (dell’artista e del pubblico) e sulla ricerca attiva di nuove dinamiche dell’atto pittorico, nonché di nuovi strumenti non convenzionali per esplorare la superficie del quadro.
Che cosa intenda l’artista per quadro è un concetto in continua evoluzione e in costante contaminazione, che vede protagonista tanto la tela quanto le pareti di una stanza; Davide Mancini Zanchi vanta un lungo elenco di esposizioni, personali e collettive: tra i solo show più recenti ricordiamo quelli del 2017 presso la Galleria Nazionale delle Marche e quello del 2016, presso il Museo Fattori di Livorno. Vincitore di diversi premi – tra i quali, come si legge nel comunicato stampa dell’evento, il Premio Centro Arti Visive Pescheria, il Premio Lissone, il Tina Prize e il Premio Treviglio – Zanchi fa il suo ingresso nel sistema dell’arte nel 2010 (ancora studente dell’Accademia di Belle Arti di Urbino) e fin dal principio si esprime utilizzando molteplici medium, intrecciando scultura, pittura e oggetti d’uso quotidiano che, decontestualizzati e investiti di nuovi significati, divengono una costante della sua produzione.
Sulle tele dipinte da Zanchi, siano esse monocrome o policrome, di grandi o piccole dimensioni, non è difficile trovare poggiatesta, guanti, lampade solari e intrusioni di qualsiasi forma e provenienza. Come afferma lui stesso in un’intervista rilasciata ad Andrea Bruciati «(…) Quello che posso intendere come «astrazione» consiste più in un atteggiamento che tende alla decontestualizzazione, dove gli elementi vengono spostati, modificati o ai quali vengono aggiunte o sottratte delle parti che poi diventano i cardini della definizione del lavoro in causa. (…) Nella mia pratica è sempre stato centrale il rapporto con la pittura, con il quadro; ci sono stati momenti in cui il «soggetto” non è stato questo, probabilmente ce ne saranno altri, e momenti in cui il dipingere diventa più centrale». La pittura è una delle tecniche che ricorre più spesso nel suo operato, di frequente investita di senso perché azione intrinseca dell’atto performativo e sovente mixata ad oggetti che, come abbiamo detto, con la pittura non hanno (apparentemente) nessun tipo di connessione.
La libera sperimentazione è ciò che caratterizza il lavoro di Zanchi, sempre alla ricerca di nuovi materiali, nuove tecniche e nuove associazioni. Nonostante il video sia uno dei medium che l’artista urbinate è solito adoperare, le sue azioni non sono mai poste in essere di fronte ad un pubblico, ma possono essere svolte sia in presenza di una telecamera sia nella totale solitudine di una stanza vuota. La traccia che ne deriva è il segno della presenza dell’artista, proprio come accade nelle poetiche Costellazioni in mostra alla OTTO Gallery, le cui stelle invadono lo spazio e si impossessano degli oggetti che lo occupano. Vivono due volte, sulla superficie pittorica e nel riflesso infinito dello specchio.
Questo ragionamento lo porta ad affermare di non sentirsi artefice di vere e proprie performance ma, per l’appunto, di azioni, che spesso hanno a che vedere con il quotidiano o che interessano lo spazio circostante. La riflessione sul quotidiano e il modo in cui l’artista utilizza il video si comprende meglio attraverso la visione di Lavarsi un sasso, video realizzato nel 2012:
La mostra alla OTTO Gallery di Bologna
I tre cicli pittorici in mostra presso la OTTO Gallery sono il risultato di nuove audaci associazioni; sono opere che presuppongono la consueta inclusione di materiali extra pittorici e l’intervento fisico dell’artista come caratteristica fondamentale. L’irriverenza e l’ironia del giovanissimo Zanchi si manifestano sotto forme differenti, polimorfe e destrutturanti, contraddistinte dall’essere il risultato di un’azione istintiva e immediata, coinvolgente e ambigua, visibile e invisibile.
Per chi è nato a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 non sarà difficile intuire come siano state realizzate le grandi tele della serie denominata Super liquidator-paintings[1] e, per lo spettatore di qualsiasi età, sarà di certo una sorpresa il dialogo che Zanchi instaura con lo spazio espositivo fino a trasformarlo in opera totale, immersiva, dinamica.
È quanto accade nella sala centrale della OTTO Gallery, totalmente occupata da una serie «appositamente realizzata per la mostra nella quale, con innata disinvoltura, decontestualizzando elementi d’uso quotidiano legati al mondo della palestra dotati di una mansione specifica e posizionandoli all’interno della tela, dà vita a opere “funzionalizzate” che devono essere agite». Passeggiare sul morbido pavimento a scacchi installato dallo stesso Zanchi ricorda la sensazione che si avverte sulla moquette da palestra e invita il visitatore a guardarsi intorno: un paio di guantoni, un peso, un invito all’azione.
Informazioni utili:
Da che mani vidi Zan Cin, mostra personale di Davide Mancini Zanchi
Dove: OTTO Gallery Arte Contemporanea – Via d’Azeglio 55 (BO)
Quando: dal 12 Aprile 2019 al 15 Giugno 2019
Orari: da martedì a sabato 10:30-13 / 16-20; domenica e lunedì su appuntamento
Ingresso gratuito
Per maggiori informazioni visita il sito della galleria e segui l’artista, attivo su Instagram come @davidemancinizanchi.
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[1] Il Super liquidator o Super Soaker è una pistola ad acqua inventata dall'ingegnere Lonnie Johnson nel 1989. Sostituendo il pennello con queste pistole giocattolo Davide Mancini Zanchi ha realizzato la serie esposta nella prima sala della OTTO Gallery.