Vai al contenuto

Intime città | Il “Diario Pubblico” di Francesco Garbelli alla Galleria La Giarina di Verona  


Costeggiando le rive dell’Adige di Verona si incontra la realtà espositiva di arte contemporanea della Galleria La Giarina che, fino al 12 febbraio 2022, ospita una personale dell’artista Francesco Garbelli.


Formatosi presso il Politecnico di Milano alla Facoltà di Architettura, Garbelli sembra voler mostrare paralleli e sottili linguaggi comunicativi, sapientemente proposti dalle scelte espositive della Galleria. Attento alle presenze architettoniche pubbliche e al cambiamento dei linguaggi, in questo contesto sceglie molteplici forme artistiche per raccontare impressioni e trasformazioni urbane, spaziando dall’ installazione all’uso della fotografia e dalla stampa digitale alla grafica murale.

Ciò che sembra voler essere suggerito già dal titolo dell’esposizione è la presenza dell’elemento paradossale. Diario pubblico è un accostamento di termini che, difatti, avvicina due differenti, quasi opposti, aspetti: si pensi all’idea di diario per prima, un elemento dalla connotazione intima, raccolta e spesso segreta e, poi, a ciò che è pubblico, ovvero aperto, visibile e progettato per i molteplici movimenti umani nel contesto sociale e urbano. Sembra perciò voler rendere l’“intimo” qualcosa di pubblico, avvalendosi di accostamenti evocativi di un “significato altro” per forma o per alfabeto.

Il ricco insieme di opere proposte – la maggior parte proveniente dalla collezione della gallerista Cristina Morato – offre un’eterogenea panoramica di quelli che sono i lavori più caratteristici della ricerca dell’artista, a partire dagli anni ottanta fino ad arrivare ad oggi.


 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da La Giarina Arte Contemporanea (@la_giarina)


Nella prima sala troneggia L’idrante ionico (2018), opera che esprime un chiaro accostamento tra due diversi simboli e momenti storici: la forma della colonna ionica, tipica per il suo capitello composto da due grandi riccioli spiraleggianti, e la molto più moderna presenza dei cartelli urbani simboleggianti la presenza di un idrante. Oltre al sottile accostamento, evocativo della formazione in architettura, è ben espresso anche un altro elemento del linguaggio di Francesco Garbelli ovvero l’umorismo di cui talvolta si avvale per, appunto, poter parlare di questi paradossi intrinseci della società urbana.

A prendersi un’intera stanza della galleria è invece Zebra, opera del 1989, insieme alle due stampe di Operazione zebra, sempre del 1989. Immediato è il rimando del caratteristico mantello dell’animale con il pannello segnaletico di curva. Da una parte, forse, sembra quasi rimandare sottilmente all’ idea di “giungla urbana” aprendo la riflessione verso una molteplice direzione: da un lato l’idea di dare per scontato l’elemento pubblico e dall’ altro l’attribuzione di una sorta di diverso ruolo a quell’oggetto. Posto in luoghi diversi suggerisce un’ulteriore riflessione: quella del ruolo che acquisisce a seconda di dove si trova, a un livello più filosofico, che ruolo la società gli può dare.


 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da La Giarina Arte Contemporanea (@la_giarina)


Proseguendo nel percorso qualcosa sembra suggerire un messaggio più amaro, le opere Non sono razzista ma…La rivolta delle parole (2021), Senza titolo e Senza parole (1988) dimostrano come Garbelli si avvalga dell’uso della parola e, più in generale, dell’alfabeto come efficaci strumenti di veicolo di un messaggio.

Nelle due opere del 1988 è ancora più evidente questa scelta comunicativa, l’alfabeto utilizzato, i geroglifici, conferiscono un messaggio ancora più criptico all’intera opera che, osservata nel suo complesso non può che dare una sensazione di amara verità, soprattutto nel momento in cui si realizza che i pannelli segnaletici scelti sono quelli utilizzati come avvertimenti nei cantieri di lavoro.

Sul finire dell’esposizione si scendono le scale e lo sguardo viene condotto verso Welcome to Venezia (2019), opera in cui si può osservare il cartello stradale di benvenuto nella città inesorabilmente destinato ad essere sommerso dalle acque, metafora chiara del rischio in cui si trova il capoluogo veneto a causa dei sempre più frequenti fenomeni di rischiosa acqua alta.


 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da La Giarina Arte Contemporanea (@la_giarina)


Nell’ultima sala, sul finire, ecco che ci si trova all’interno di uno spazio in cui sembra incombere un ambiente silente, quasi vuoto, con un’unica opera al centro. Il visitatore è invitato ad avvicinarsi e ad accorgersi di un ultimo amaro dettaglio: un passaporto adagiato sul fondo di un mare cristallino e calmo. Il documento, a evocare il riconoscimento di una morte, è appena svelato quasi a voler invitare l’osservatore ad allungare una mano e ad aprirlo, per poi rendersi subito conto, in realtà, di non poter compiere il gesto e di essere, amaramente, uno spettatore impotente che si chiede di chi potesse essere quell’unica traccia rimasta, irraggiungibile, piombata nel silenzio del mare.

In Diario pubblico si può dire come siano evidenti i vari temi tipici della ricerca di Garbelli fatti di alfabeti, simboli, sottili umorismi, amare verità e quotidianità date per scontate ma caricate di metafore filosofiche e di come le sue ricerche siano sempre di un’attualità spiazzante e vera, anche per quanto riguarda opere risalenti agli anni addietro. Attualità suggerite talvolta con maggior delicatezza, talvolta in modo diretto e in grado di lasciare ammutoliti, che aprono alla possibilità di far sentire lo spettatore partecipe di un “luogo urbano” così aperto e collettivo e così incredibilmente intimo e legato alle inclinazioni contraddittorie di una società in continuo cambiamento.


Maggiori informazioni sulla mostra e sugli orari di apertura della Galleria sono disponibili qui.

Leggi le altre recensioni su  ZìrArtmag

Seguici anche su: Facebook e Instagram

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *