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Arte e Relazione | Fa’ la cosa giusta: è possibile convivere in un sistema razzista?


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Salve amici di ZirArtmag, sono Enrico Ledda. Oggi parleremo di un film: Fa’ la cosa giusta, IV pellicola del regista Spike Lee, girato nel 1989 e ambientato nella periferia newyorkese.


fa' la cosa giusta

La locandina di Fa’ la cosa giusta

 

Seguiamo i personaggi che si agitano in piccoli frammenti di vita quotidiana dal sapore a tratti comico, nel corso di un’unica caldissima giornata, durante la quale vedremo crescere le tensioni tra i vari gruppi etnici che popolano un quartiere di Brooklyn a maggioranza afroamericana. Un contesto in cui la multiculturalità – caratteristica della società statunitense – a causa della povertà e dell’emarginazione si è trasformata in un “tutti contro tutti” generalizzato. Conflitti e insulti reciproci che coinvolgono ogni gruppo sociale ed etnico, un quadro in cui la popolazione di colore, sebbene in maggioranza, sembra alienata e rassegnata, mentre pattuglie di poliziotti bianchi la sorvegliano minacciose.

Lo stile di Spike Lee sottolinea l’aumentare delle tensioni sociali tramite continui primi piani e inquadrature inclinate, la fotografia privilegia colori primari, con il rosso che predomina, il caldo che diventa un elemento tangibile, anche grazie all’enfasi sui corpi dei personaggi impregnati di sudore.


spike lee

Fa’ la cosa giusta, 1989

 

Il nostro punto di riferimento all’interno della narrazione è il protagonista Mookie, interpretato dal regista stesso, uno svogliato e apparentemente remissivo fattorino, che lavora presso la pizzeria Da Sal. È proprio il locale di Sal il teatro della più accesa controversia presente nel film, nata quando Buggin’ Out – giovane abitante del quartiere dalla personalità marcatamente polemica – chiede che sulla parete della pizzeria, coperta di foto di celebrità di origine italo-americana, vengano inserite anche immagini di personaggi di colore, facendo presente che la maggior parte della clientela è composta da afroamericani. Al rifiuto categorico di Sal segue il boicottaggio da parte di Buggin’ Out, il quale sembra non avere successo, finché nella disputa non viene coinvolto anche Radio Raheem. Ragazzone taciturno e dall’aria arrabbiata, che gira per il quartiere portandosi dietro un enorme stereo, dal quale risuona ad alto volume sempre la stessa canzone dei Public Enemy: “Fight the Power”.

La figura di Radio Raheem all’interno del film, fino a questo punto, è sempre stata piuttosto enigmatica; lo abbiamo sentito citare il monologo sull’Amore e sull’Odio di Robert Mitchum tratto da La morte corre sul fiume parlando con Mookie e visto vagare di isolato in isolato imponendo a tutti l’ascolto del suo pezzo preferito. Possiamo intuire come il suo intento non fosse tanto prevaricatorio, quanto provocatorio: il testo della canzone invita gli afroamericani ad emanciparsi e rifiutare le icone della cultura dei bianchi.

In questo senso Radio Raheem sembra richiamare l’attenzione dei suoi compagni e spingerli a ribellarsi al potere costituito, agendo come disturbatore e portando alla luce le tensioni sopite dalla quotidianità. È proprio quando Sal in preda alla rabbia distrugge lo stereo con una mazza da baseball che si arriva al momento più tragico del film. Radio Raheem salta addosso a Sal e ne nasce una rissa che sconfina fuori dalla pizzeria e costringe la polizia ad intervenire. Una volta separati i due litiganti però, uno dei poliziotti immobilizza Radio Raheem e, accanendosi su di lui con una presa al collo, lo soffoca davanti a tutti i presenti.


Fa la cosa giusta

Radio Rahem | Fa’ la cosa giusta

 

A questo punto gli agenti si affrettano a caricare il corpo del giovane su una delle volanti e a fuggire dal luogo del delitto lasciando, di fronte alla pizzeria, la folla scossa. La situazione è tesa, lo sconforto della folla si tramuta in rabbia nei confronti di Sal e dei suoi figli ed è in questo momento che Mookie, abbandonando la sua consueta passività, entra in azione. Svuota un cestino dei rifiuti e al grido di “Odio” lo scaraventa contro la vetrina della pizzeria, dando inizio ad una rivolta che porterà alla distruzione del locale.

La reazione rabbiosa di Mookie riflette la principale questione sollevata dal film, a partire dal titolo, cioè quale sia la cosa giusta da fare quando ci si trova davanti ad un simile atto di sopraffazione. Tra i due approcci alla lotta all’emarginazione, incarnati dalle figure di Martin Luther King e Malcolm X, ricorrenti all’interno della pellicola, quello che rifiuta il ricorso alla violenza e quello che invece ne ammette l’utilizzo come mezzo di autodifesa. Il regista sembra tendere verso il secondo, sebbene la scelta di chiudere il film con un’immagine dei due leader che si scambiano una stretta di mano, faccia pensare ad un’idea di equilibrio che ammette la validità di entrambi i punti di vista. È chiaro allo stesso tempo come il gesto di Mookie stia a significare l’impossibilità di lasciar correre e come il razzismo e le disparità sociali rendano di fatto un miraggio la convivenza pacifica all’interno di una comunità. Citando le parole che lo stesso Sal rivolge a Mookie: “Che cavolo parli a fare di libertà? […] Qui sono io il boss, niente è libertà, qui comando solo io”, possiamo intuire come la pizzeria diventi una metafora del quartiere e dello stato di oppressione in cui vive la gente di colore in un paese, apparentemente libero, ma nel quale in realtà la sua vita non ha alcun valore.


spike lee

Mookie e Sal di fronte alla pizzeria distrutta

 

Nonostante il film si riferisse a diversi fatti di cronaca precedenti alla sua realizzazione, tra cui i moti di Harlem avvenuti negli anni Ottanta, sembrò quasi profetico a seguito delle Rivolte di Los Angeles del 1992, iniziate in risposta all’assoluzione dei quattro agenti coinvolti nel pestaggio di Rodney King e durate per ben sei giorni. Fa’ la cosa giusta sembra condannato a restare attuale dopo l’assassinio di George Floyd, gli scontri che ne sono seguiti e l’espansione del movimento Black Lives Matter; questa rinnovata attualità è purtroppo il segno del ripetersi della storia e di come la situazione non sia migliorata in maniera sostanziale negli anni. Resta dunque aperto il quesito posto dal film: “Riusciremo mai a vivere insieme? Insieme riusciremo mai a vivere?”.


Le fotografie incluse nell’articolo e nel video hanno il solo scopo di accompagnare la narrazione e sono state utilizzate nei limiti concessi dal diritto di cronaca. Per qualsiasi segnalazione scrivi a info@zirartmag.com

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